La preghiera come momento di riflessione nella filosofia
CAPITOLO PRIMO
IL POTERE DELLA PREGHIERA
1) L’esperienza fondamentale dell’incontro con il divino
La maggior parte di noi conosce l’esperienza della preghiera. Chi in un momento We may remember prayers taught to us in childhood. di dolore, angoscia o disperazione,non ha pregato con forza sorprendente: “Oh Dio, aiutami, aiutami!” or “Why, God, why?” o “Perchè, Dio, perché?”. Chi non ricorda un momento di grande incanto, un tramonto, un pezzo di musica, o un sorriso di un bambino, quando i cuori sono toccati dalla meraviglia di Dio e ci si rende conto che Lui ci parla in molti modi, se si è aperti e disposti a vedere e ad ascoltare? Pregare non èsemplicemente recitare delle formule, ma è grido di angoscia, richiesta di aiuto ed, anche, contemplazione serena del principio immanente e trascendente di tutte le cose.
La preghiera rappresenta lo sforzo dell’uomo per comunicare con un essere invisibile, creatore di tutto ciò che esiste; è un conversare che si configura come una tensione dello spirito verso il mistero, elevazione dell’anima verso laTrascendenza. Il dialogo con Dio è una necessità vitale, essenziale e permanente dell’essere umano, un libero moto interiore dell’animo. Infatti, fin dalla preistoria, l’uomo ha sentito la necessità di spiegare tutto quello che non comprende ed è da allora che ha adorato le manifestazioni della natura, attribuendole proprietà divine e sviluppando i primi rituali religiosi. Elevando lo sguardo alcielo e contemplando la volta celeste vi ha scorto il simbolo della trascendenza, della forza e dell’immutabilità. Verso questo cielo l’uomo ha elevato le mani, davanti a questo Essere supremo si è prostrato in adorazione: ha, finalmente, un’ Entità alla quale può rivolgere la propria invocazione per essere protetto nelle difficoltà che s’incontrano nel cammino della vita terrena. I gesti e leposture dell’uomo che prega sono gli stessi in qualunque tipo di religione, come ad esempio le mani alzate o giunte, le spalle curve in atteggiamento di rispetto ed esprimono il suo stato di debolezza e di umiliazione, la sua totale dipendenza dalla volontà di colui che si prega. Questa universalità è segno che la preghiera è per tutti “forma rituale a mezzo della quale l’individuo o la collettivitàsi pongono in rapporto con le forze divine, per ingiungere, chiedere, promettere, glorificare, confidenzialmente abbandonarsi nella consapevolezza della propria limitazione”.[1] La preghiera è, dunque, un atto universale e costante della vita religiosa , anzi si può affermare che è l’atto centrale, principale ed eminente: pregare è, per la religione, quello che per la vita è la respirazione[2].Come parte essenziale dell’esperienza religiosa, caratterizzata dal desiderio di entrare in contatto con la divinità e l’invisibile, nella sua più elevata espressione, è un movimento volontario e cosciente di uscire da sé per andare a un incontro conversativo, nutrito di “intima amicizia”[3] col divino. La definizione teresiana sottolinea che pregare è, nello stesso tempo, accoglienza e donazione,ascolto e comunicazione. La preghiera è ricerca di Dio, incontro con Dio, e andare oltre questo incontro nella comunione. La preghiera è l’ambito in cui Dio diventa un Tu, destinatario, cioè, delle diverse istanze in cui si può articolare il “dialogo”: domanda, ringraziamento, adorazione, imprecazione… istanze che si ritrovano espresse in tutte le religioni.
2) Definizione della preghieraDefinire la preghiera è addentrarsi in un universo sconfinato. Come fenomeno discorsivo inerente la pratica religiosa e sacrale, già dal punto di vista lessicale, il termine stesso, che viene dal latino da precari (implorare, pregare, appunto), a sua volta derivato di prex, precis (preghiera) racchiude un’ ampiezza di significati. Infatti, generalmente, le definizioni di preghiera che si…